Umberto Merlin

Il 26 settembre scorso, nella sua prolusione alla sessione autunnale del Consiglio permanente della CEI, il card. Bagnasco ha tracciato un quadro problematico della situazione italiana, soffermandosi anche sul ruolo che i cattolici possono (e debbono) tornare ad avere nella società e nella politica: “Gli anni da cui proveniamo potrebbero aver indotto talora a tentazioni e smarrimenti, ma hanno indubbiamente spinto i cattolici, alla scuola dei Papi, a maturare una più avvertita coscienza di sé e del proprio compito nel mondo”.

Richiamando queste parole del presidente della CEI acquista un significato anche di attualità riproporre all’attenzione di tutti noi una figura di cattolico polesano attivo nell’azione sociale e politica quale fu Umberto Merlin, che dedicò le proprie energie all’impegno per il bene comune in una fase storica drammaticamente travagliata, caratterizzata da forti agitazioni sociali, dalla prima guerra mondiale, dalla dittatura fascista, dalla seconda guerra mondiale e dalla guerra fredda. Anche Merlin si era formato “alla scuola dei Papi”, grazie ad un mediatore illuminato quale fu mons. Giacomo Sichirollo che, attento ai “segni dei tempi”, approfondiva e divulgava il significato del magistero di Leone XIII specialmente nel campo sociale, cogliendo con prudenza ma con acume le aperture che, spostando l’attenzione dalle questioni squisitamente italiane alle problematiche della giustizia nei rapporti socio-economici in generale, cominciavano ad alleggerire il conflitto fra Chiesa e Stato che era culminato nel 1870 con la conquista di Roma e la sua proclamazione a capitale del giovane Stato unitario.

E’ doveroso avvertire che il profilo di Merlin che qui si presenta è lacunoso e non adeguatamente organico: ma è frutto sia dei limiti di tempo (di quello concesso per la presentazione ma anche di quello che è stato disponibile per l’elaborazione) sia del livello degli studii individuati relativi a questa pur interessante personalità.

Merlin era nato a Rovigo il 17 febbraio 1885, primo figlio di Andrea, impiegato di modesta condizione, e di Elisa Bisaglia. Dopo di lui nasceranno Guido, Antonietta, Ugo e Giuseppe. Umberto frequentò la scuola pubblica, e al Liceo “Celio” fu compagno di classe di Giacomo Matteotti, avviando rapporti di stima reciproca che non saranno incrinati dalla opposta militanza politica; frequentò anche la parrocchia di S. Francesco, dove si inserì nel gruppo della Società della Gioventù Cattolica Italiana, ed è probabile che abbia conosciuto Sichirollo in  quell’ambente: secondo quanto lo stesso Merlin, ormai anziano, ricorderà nel 1961 – ricorrendo il cinquantenario della morte del sacerdote – egli aveva 15 anni (e, di conseguenza, il monsignore aveva da poco passati i 60). Sichirollo dovette intuire sùbito la sensibilità e le potenzialità del giovane, e seppe stimolare il suo spirito critico anche fornendogli mètodo e argomenti per sostenere confronti con chi lanciava calunnie contro la Chiesa. Certo è che nel 1902 Sichirollo, avendo accanto a sé i due giovani Umberto Merlin e Italico Corradino Cappellotto, fondò il Circolo democratico cristiano che volle caratterizzato da ubbidienza e umiltà, distinguendolo dalle effervescenze dei seguaci di don Romolo Murri.

Merlin si impegnò nell’apostolato giovanile, assumendo il ruolo di presidente del Circolo della Gioventù Cattolica di S. Francesco, poi di presidente diocesano, preoccupandosi di tenere vivi i contatti con i varii circoli parrocchiali (che, data la situazione di allora, spesso poteva raggiungere solo in bicicletta) e nel 1903 sarà presidente regionale veneto dell’Associazione; contemporaneamente affrontò con generosa dedizione le questioni sociali che in quegli anni ormai si dibattevano in modo drammatico. Malgrado tanta attività nel 1906, a 21 anni, otteneva a pieni voti la laurea in Giurisprudenza all’Università di Padova. Per il praticantato necessario per arrivare alla professione forense Merlin entrò nello studio di Ugo Maneo, liberale (e anticlericale e massone, secondo alcuni, buon cattolico secondo altri) uno dei più qualificati professionisti rodigini. Avviata con successo l’attività legale, Merlin sposa Maria Vittoria Lorenzoni, dalla quale avrà quattro figli.

Come s’è accennato, Merlin si era introdotto nelle questioni sociali, e anche dalle colonne del settimanale diocesano mostrò di avere a cuore la condizione del proletariato del Polesine. La provincia era caratterizzata da un’economia ancora quasi esclusivamente agricola, e solo da poco si era avviata verso l’ammodernamento tecnico (la Cattedra ambulante di agricoltura venne istituita in Polesine nel 1886: fu la prima in Italia); sempre incombente però era il pericolo delle alluvioni: ma quando si scende sotto un certo livello, anche le disgrazie possono apparire utili: e infatti l’alluvione dell’Adige del 1882 – una delle più volente della storia del Polesine – aveva giovato ai poveri perché le sovvenzioni statali per riparare ai danni avevano consentito per un paio di anni di migliorare un po’ il nutrimento della popolazione colpita, con diminuzione delle malattie endemiche. Nel 1884 si era verificato il primo sciopero agrario, dal grido di battaglia “la boje!”, che mostrava, fra l’altro, come anche fra il proletariato rurale polesano circolassero ormai le idee reclamanti una diversa concezione della dignità umana: ne erano alfieri fra noi – tutti fieramente anticlericali – Alberto e Jessie Mario e il giovane medico Nicola Badaloni proveniente da Recanati, che assunse la condotta di Trecenta nel 1878, entrando poco dopo nella Lega per la Democrazia: figura carismatica, quella di Badaloni, per lo spirito di autentico missionario con cui affrontò il ruolo di difensore dei poveri suggeritogli dalla professione medica e presto maturato non solo nella ricerca scientifica per combattere le malattie ma anche nell’impegno politico per migliorare le condizioni sociali ed economiche della popolazione rurale.

La Chiesa, dal canto suo, nel 1891 si apriva direttamente e ufficialmente alla questione sociale grazie al papa Leone XIII che il 15 maggio pubblicava l’enciclica Rerum Novarum; ma era dalla metà degli anni ’70 che nel mondo cattolico si era avviata l’attenzione ai problemi sociali, purtroppo complicati dall’intrecciarsi di questioni contingenti dettate dalle posizioni non solo anticlericali ma soprattutto – nei fatti o anche con argomentazioni  teoriche – ostili alla religione sia da parte del giovane Stato italiano sia da parte del movimento anarchico e di quello radicale. Quest’ultimo sfociava, nel 1892, nella creazione del Partito dei Lavoratori Italiani, presto divenuto Partito Socialista, che sarà sempre dibattuto fra due anime: quella riformista e quella rivoluzionaria. Ma poi non si può trascurare che gli ideali, spesso nobili, venivano calati in una popolazione di infimo livello culturale, per cui venivano tradotti in azioni di violenza gratuita. In sostanza, quando Merlin si affacciava alla vita politica vedeva le drammatiche tensioni di una società la cui classe dirigente era arroccata nella difesa dei privilegii assegnatile dalla tradizione antica, mentre la parte più povera (e più consistente) della popolazione, spinta dalla fame, prestava attenzione a chi le prospettava la possibilità di raggiungere condizioni di vita dignitose: e comprensibilmente i poveri si sentivano attratti più dalle proposte socialiste che proponevano il cambiamento con una rivoluzione che dall’invito alla sopportazione proveniente dal clero.

In realtà la Chiesa, comunque, si rendeva conto che la proposta di fede cristiana doveva misurarsi con le situazioni della vita di ogni giorno: da questo punto di vista, è significativo che nel 1893 si avviasse in diocesi di Adria la creazione di Casse Rurali e che Sichirollo istituisse una cattedra di Economia Sociale e di Agricoltura nel Seminario diocesano di Rovigo per preparare i preti ad affrontare la realtà polesana. Merlin, dal canto suo, si impegnerà a fondo nel sostegno e nella valorizzazione delle Casse Rurali.

Anche dal punto di vista più strettamente politico la situazione dei cattolici italiani va, sia pur lentamente, mutando: nel 1904 comincia ad allentarsi il rigore del non expedit, e qua e là si consente ai cattolici di collaborare con lo Stato partecipando all’elezione della Camera dei deputati purché si scelgano candidati “sicuri”; la concessione si amplia lievemente nel 1909; nel 1913 – quando la “minaccia” socialista si fa più concreta perché la nuova legge elettorale ha ampliato il diritto di voto a tutti i cittadini maschi, anche analfabeti, purché abbiano almeno 30 anni (o 21 se hanno prestato regolarmente il servizio militare) – si ricorre ufficiosamente al “Patto Gentiloni”, applicato caso per caso: i cattolici potranno votare a favore di candidati sicuramente cristiani o per candidati liberali che si impegnino a non sostenere leggi contrarie alle esigenze della Chiesa. Per quanto riguarda il Polesine, il candidato proposto ai cattolici è Ugo Maneo.

Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale. Inizialmente l’Italia assume un atteggiamento neutrale, ma nella società si scontrano due opposti atteggiamenti: la maggioranza composta in gran parte di socialisti e di cattolici vuole mantenere la non belligeranza, una forte minoranza, invece, preme perché si entri in guerra contro l’Austria per ricuperare all’Italia i territorii del Trentino, dell’Alto Adige e dell’Istria. Dopo mesi di incertezza, il governo decide per l’accettazione del conflitto e il 24 maggio 1915 anche l’Italia è in armi. Mentre i socialisti rimangono all’opposizione, i cattolici accettano il fatto compiuto perché ritengono ingiusto opporsi ad un simile evento restando comodamente a casa (sarà, anche questo, un motivo di contesa fra socialisti e cattolici). Merlin partecipa alla guerra con il grado di tenente.

La conclusione della guerra, sebbene ufficialmente vittoriosa per l’Italia, non porta la pace: al contrario, le conseguenze del modo in cui le operazioni belliche sono state condotte lascia una scia di tensioni che le difficoltà della riconversione dall’economia di guerra all’economia di pace rendono più acute. In questo clima la situazione politica italiana presenta due novità: per i cattolici è il momento di scendere in campo: per iniziativa di don Luigi Sturzo e con il tacito consenso della Santa Sede nasce il Partito Popolare Italiano, che viene fatto conoscere con il “manifesto” reso famoso come “Appello ai liberi e ai forti” lanciato la sera del 18 gennaio 1919: anche Merlin era stato accanto a Sturzo nell’elaborazione di quel testo. L’altra novità: il 23 marzo, a Milano Benito Mussolini – che alla fine del 1914 era stato radiato dal Partito Socialista per essersi convertito a favore della guerra – fonda i “Fasci di combattimento” in cui si riconoscono gli interventisti più esagitati. La prima verifica della validità di queste proposte è imminente: il 16 novembre di quello stesso anno si tengono le elezioni politiche che vedono la vittoria dei Socialisti (scontata, ma superiore alle attese), l’insufficiente prestazione dei partiti di ispirazione liberale, la sorprendente affermazione del neonato Partito Popolare, e la inconsistenza politica del fascismo di Mussolini. Nel collegio di Ferrara-Rovigo, che deve eleggere otto deputati, sei sono socialisti, uno è popolare (ed è Umberto Merlin), e uno del “blocco” governativo.

In Polesine (come altrove) i socialisti – la cui corrente massimalista, galvanizzata dalla rivoluzione russa del 1917, aveva raggiunto la maggioranza – avviarono azioni ispirate a intenti rivoluzionarii, con scioperi e aggressioni che colpirono anche Merlin, indirettamente (la notte del 1° gennaio 1920 il suo autista fu percosse la lasciato malconcio lungo una strada) o direttamente (il 27 settembre, a Lendinara, durante un comizio socialista il deputato popolare fu colpito con una bastonata così violenta che perse i sensi, e fu salvato da Matteotti che fermò l’aggressore e fece ricoverare Merlin in ospedale): ma si ebbero anche assassinii di persone politicamente vicini agli agrarii. Naturalmente situazioni del genere stimolarono reazioni altrettanto violente: e questo aprì spazio al fascismo che si organizzò per compiere “spedizioni punitive” che furono sostenute dagli agrarii.

Nell’aprile 1921 il primo ministro Giolitti di fronte all’ostilità pregiudiziale delle sinistre decide lo scioglimento anticipato della Camera, indicendo nuove elezioni per la metà di maggio. Le squadre fasciste, che già hanno pressoché annullato l’organizzazione socialista aggredendone i dirigenti, si rivolgono ora contro il mondo cattolico a Polesella, a Bergantino, a Contarina, a Bellombra. La competizione elettorale  si svolge con frequenti intimidazioni, tanto che la Commissione parlamentare e poi la Giunta delle elezioni decidono di annullare l’elezione di un candidato fascista polesano. Qualche giorno dopo Rovigo è invasa da squadre fasciste giunte da diversi luoghi del Veneto e dopo un comizio si disperdono per le vie cittadine alla caccia del clericali prendendo di mira la sede delle associazioni cattoliche e la casa di Umberto Merlin; diverse persone vengono bastonate perché portano il distintivo dell’Azione Cattolica... L’invasione dura tre giorni (gli squadristi pernottano in aule scolastiche, avendo imposto la sospensione dell’attività didattica) senza che ci sia intervento della forza pubblica.

Nel giro di meno di due anni il fascismo era divenuto un movimento consistente, raggiungendo più di 300.000 aderenti organizzati e armati: ciò che permise a Mussolini di pensare e realizzare la “marcia su Roma” (28 ottobre 1922), ottenendo dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di formare il governo. Con straordinaria spregiudicatezza il nuovo primo ministro gioca con lusinghe e minacce, suscitando in gran parte dei politici (ivi compreso un uomo esperto come Giolitti) l’impressione di poter arrivare a porre sotto controllo le “esuberanze” squadriste che, intanto, tengono a bada i socialisti: per cui non solo i liberali ma anche i cattolici ritengono opportuno partecipare al governo (Merlin è sottosegretario alle terre liberate); ma nel 1924, il 26 aprile, le elezioni sono nuovamente condotte con palesi brogli e violenze: alla fine di maggio in Parlamento Matteotti denuncia vigorosamente le irregolarità, consapevole che questo potrà costargli la vita. Qualche giorno dopo, infatti, ne viene denunciata la scomparsa e presto si capisce che è stato assassinato, suscitando forte commozione nel Paese: non abbastanza forte, tuttavia, da far crollare il governo fascista. I parlamentari non fascisti si ritirano dal governo (anche Merlin, dunque) e dalla  stessa presenza in aula, dando vita al cosiddetto “Aventino”, ma non sanno trovare quel minimo di unità che sarebbe necessaria per mettere veramente in crisi Mussolini: il quale sa superare le obiettive difficoltà e, anche facendo leva su un recente, fallito attentato di cui era stato oggetto, fa approvare, il 9 novembre 1926, la decadenza dal mandato parlamentare di 120 deputati dell’opposizione (fra cui Merlin) per poi procedere alla completa “fascistizzazione” dello Stato, sopprimendo tutti i partiti di opposizione (25 novembre 1926).

Merlin deve tornare alla vita “civile”, alla sua professione di avvocato; non per questo rinuncia all’impegno nel mondo cattolico riprendendo i contatti con l’associazionismo a cui, entrando in politica, aveva dovuto rinunciare per non coinvolgere la Chiesa in attività ad essa estranee. Un paio di volte, durante il regime fascista, è fermato perché tenta di mantenere i contatti con gli amici del disciolto PPI, e una volta, sul finire degli anni Venti, il suo studio è assediato dagli squadristi.

Dopo il 25 luglio 1943 attorno alla sua persona si coagularono le forze antifasciste e cattoliche polesane, tanto che fu eletto primo sindaco di Rovigo dopo il 25 aprile 1945: in quella veste fu lui a tessere l’elogio funebre del maestro ed amico Ugo Maneo, morto quasi novantenne a metà luglio di quell’anno.

Terminata la guerra anche Merlin riprendeva l’impegno politico per il quale si sentiva chiamato a dare testimonianza. Il 24-27 aprile 1946 si tenne a Roma, nell’aula magna dell’Università, il primo congresso nazionale della Democrazia Cristiana. In quell’occasione vennero eletti i 60 consiglieri nazionali del partito, e Merlin fu tra gli eletti. Nel 1949, quando il Congresso DC (era il quarto) fu tenuto a Venezia, fu eletto presidente del Congresso.

Nel 1946 era stato eletto, nel collegio di Verona, deputato alla Costituente: fece parte della prima sottocommissione, incaricata di trattare “Diritti e doveri dei cittadini” fornendo contributi rilevanti nella proposta e nella formulazione di alcun articoli della Carta costituzionale: in particolare l’art. 30 sui diritti e sui doveri dei genitori, l’art. 40 sul diritto allo sciopero regolato dalle leggi, e l’art. 49 sulla difesa della Patria portano il segno della proposta firmata da Umberto Merlin. Nel 1948 divenne senatore di diritto per essere stato deputato in quattro legislature (XXV, XXVI, XXVII e Assemblea Costituente). Successivamente fu di nuovo eletto al Senato nel collegio di Piove di Sacco, e ricevette incarichi di governo: fu per De Gasperi ministro delle Poste e telecomunicazioni nel IV Governo (31 maggio 1947 – 23 maggio 1948) e nell’VIII (16 luglio – 16 agosto 1953); nel successivo Governo Pella (17 agosto 1953 – 17 gennaio 1954) e nel I Governo Fanfani (18 gennaio – 9 febbraio 1954) fu ministro dei Lavori pubblici.

Nel novembre 1951 le rotte dell’argine sinistro del Po prima presso Canaro e sùbito dopo presso Occhiobello provocarono la disastrosa inondazione del Polesine. Anche in questa occasione Merlin volle mettersi a disposizione della propria terra, ma – come risulta dalla testimonianza di Giuseppe Brusasca – il primo ministro Alcide De Gasperi ritenne non opportuno accogliere quella disponibilità: “per forza di cose, con i problemi che si sarebbero dovuti affrontare, sarebbe stato necessario assumere decisioni dure, anche impopolari. De Gasperi riteneva che non fosse giusto far pagare a Merlin un prezzo così alto. La scelta dunque cadde su di me...”. Merlin era fra coloro che ritenevano necessario tagliare la Fossa di Polesella per consentire all’acqua di defluire al mare: provvedimento che venne attuato il 23 novembre, con un ritardo che aggravò il danno prodotto dall’evento. Purtroppo negli anni successivi altre rotte del Po si verificarono nella zona del Delta, e anche in queste occasioni Merlin si batté perché si provvedesse ad una sistemazione organica della parte terminale del fiume.

Continuò a dominare incontrastato la scena politica in Polesine attraverso la presenza nel Consiglio comunale del capoluogo e nel Consiglio provinciale. L’ultimo atto politico all’interno del suo partito fu compiuto da Merlin in occasione del Congresso Nazionale di Firenze, nel 1959: fu infatti l’unico esponente storico a dare il proprio appoggio alla mozione presentata da Amintore Fanfani.

Morì a Padova, dove da tempo aveva ufficialmente trasferito la residenza, il 22 maggio 1964.

A cura del Prof. Leobaldo Traniello