Giacomo Sichirollo

Nella nostra diocesi l'azione cattolica ha dato figure sicuramente significative,che meritano di essere conosciute e ricordate per la dedizione con cui hanno operato nel concreto delle situazioni, ma fra tutte non si può non dare il massimo rilievo a mons. Giacomo Sichirollo che nella nostra diocesi dell'azione cattolica fu il promotore. Il nome di Giacomo Sichirollo a molti,se proprio non a tutti, è ben noto, non foss'altro perché a Rovigo una via porta il suo nome, a lui è dedicato un monumento accanto alla porta di quello che fino al 1966 fu il Seminario diocesano, e perché a lui sono state intitolate associazioni e istituzioni;ma avere familiarità con il nome evidentemente non significa conoscere la persona che lo ha portato e avere consapevolezza delle ragioni che ne hanno determinato la positiva notorietà, e dunque di saper intendere in cosa consista la sua esemplarità. Per quanto riguarda Sichirollo, la sua vita - come le date suggeriscono immediatamente - si svolge in un periodo cruciale per la Chiesa che, con l'affermarsi in Europa del liberalismo e la conseguente nascita del socialismo e delle sue diverse ramificazioni, vive una fase di trapasso culturale profondo. In Italia, in particolare, la situazione viene inasprita dalla realizzazione dell'unità nazionale condotta con prevalente spirito anticlericale, se non addirittura antireligioso, che determinò la contrapposizione fra il mondo cattolico (che riteneva di aver subito sopraffazioni) e il nuovo Stato (che voleva affermare la propria autonomia). I cattolici italiani furono, naturalmente, dalla parte del papa (la nascita della Società della Gioventù Cattolica Italiana - in sigla: SGCI - è appunto legata alle vicende del momento storico), ma all'interno di questa posizione di principio si manifestarono diverse correnti che, semplificando, possono distinguersi in due filoni: gli "intransigenti", rigorosamente (e spesso rigidamente, specie nel Veneto) obbedienti alle direttive dei papi, e quelli che furono definiti "cattolici liberali" che ritenevano non impossibile trovare un punto d'incontro con le novità emergenti. Sichirollo fu sempre, e senza discussioni, dalla parte del papa, ma questo non gli impedì di non sentirsi in piena sintonia con gli "intransigenti".In lui - annota Mario Quaranta - «c'è un'indubbia sensibilità verso il pensiero moderno, con cui egli dichiara che si deve fare i conti per riaffermare il valore del tomismo, di cui debbono essere evidenziate le potenzialità teoriche forse non sempre messe in luce dagli stessi cattolici: "Ma per essere seguaci convinti e fedeli di Aristotele e di S. Tommaso – afferma [nella sua opera pubblicata postuma, il Manuale delle dimostrazioni preambole della fede] - nulla s'ha da imparare dalla filosofia moderna? Chi credesse questo sarebbe in grande errore."». Gli "intransigenti" furono nelle condizioni di avere un ruolo significativo nella vita della Chiesa italiana di quegli anni, e ciò determinò un atteggiamento di sospetto nei confronti delle altre correnti, per cui anche persone di grande levatura morale e intellettuale come il filosofo Antonio Rosmini (1797-1854) poterono essere oggetto di ostracismo. Noi oggi rileggiamo la storia con una mentalità diversa: ma noi viviamo in una Chiesa che ha avuto il Concilio Vaticano Il, in una Chiesa che ha riconosciuto l'esemplarità del Rosmini dichiarandolo beato. La Chiesa cammina anch'essa con le gambe degli uomini, e quindi non meraviglia che la sua storia presenti aspetti problematici: la Chiesa ha fra i suoi c6mpiti di custodire la Parola di Dio e di farla conoscere alle genti, ma i modi di attuazione di tale impegno sono affidati alla responsabilità dei cristiani. Ebbene: la figura di Sichirollo regge ad una lettura fatta con gli occhi della nostra epoca?

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La biografia di Giacomo Sichirollo non ha nulla di straordinario: la sua vita trascorse nelle riservate stanze del Seminario diocesano dove fu insegnante e studioso, e da
dove si prodigò per i giovani e per tutti i diseredati della società. Sichirollo nasce il 17 aprile 1839 ad Arquà (che diventerà Arquà Polesine nel 1868), ed è il quinto figlio di Andrea, muratore, e di Maria Giro. A nove anni viene mandato a studiare come esterno nel Seminario diocesano; a 16 anni avverte la vocazione alla vita religiosa ed entra nel convento francescano di Bassano come novizio; ma la salute non sembra sorreggerlo a sufficienza per condurre la vita conventuale, per cui dopo alcuni mesi viene dimesso. Rientra nel Seminario di Rovigo per completare gli studi - nei quali ottiene risultati più che soddisfacenti - e per dedicarsi al sacerdozio. Fra le varie discipline mostra un vivo interesse per la filosofia: dal 1844 a Rovigo (come in molti altri Seminari della penisola) si insegnava la filosofia di Antonio Rosmini, e il giovane Giacomo ne rimane favorevolmente colpito; ma nel 1859 il vescovo Camillo Benzon, da poco entrato in diocesi, esige che la filosofia di Rosmini sia accantonata per esporre, invece, quella di S. Tommaso d'Aquino. A 22 anni, poco prima di ricevere l'ordinazione sacerdotale da parte del vescovo diocesano (20 settembre 1862), Sichirollo viene incaricato dell'insegnamento nel Seminario, dove copre le cattedre di Lettere, di Filosofia, di Scienze fisiche e di Teologia. L'insegnamento, inteso come responsabilità della persona nella formazione dei più giovani (ma anche degli adulti), rimarrà - direttamente o indirettamente - il suo impegno principale per tutta la vita. Quanto alla filosofia, di fronte alle indicazioni del vescovo Sichirollo - come confesserà più avanti – tergiversa nel senso che espone i contenuti delle diverse teorie senza prendere posizione a favore dell'una o dell'altra concezione. Solo più avanti si convincerà ad accettare in pieno la filosofia di S. Tommaso, e nel 1887 pubblicherà La mia conversione dal Rosmini a S. Tommaso, suscitando vivaci polemiche fra i rosminiani e i neo-tomisti (cioè i nuovi sostenitori della filosofia di S. Tommaso, che avevano l'approvazione di Leone XIII). Ma non erano solo le questioni filosofiche che agitavano gli animi in quel periodo. Nel luglio 1866 il Polesine, con tutto il Veneto viene annesso al Regno d'Italia di Vittorio Emanuele Il di Savoia, segnando il successo dei movimenti liberali e radicali; una decina di mesi dopo il governo italiano che deve riequilibrare il bilancio dello Stato dopo le guerre compiute - emana una legge che sopprime la gran parte degli enti ecclesiastici mettendone all'asta le proprietà, ma anche declassa il Seminario diocesano da scuola pubblica, come era sotto il governo austriaco, a scuola privata: non era dunque, solo una necessità di carattere finanziario a guidare la politica sabauda, ma vi era presente anche una chiara posizione anticlericale. Tale mentalità emergeva anche nel Polesine, provincia che nel Veneto prevalentemente cattolico si segnalava per una tendenza poco favorevole alla religione, ed è indicativo che, poco dopo il raggiungimento dell'unità nazionale, nel 1868 Cesare Parenzo riuscisse ad istituire a Rovigo una loggia massonica intitolandola ad Enrico Cairoli: in sostanza, anche dalla maggior parte della classe dirigente polesana emergeva una mentalità anticlericale. Non sembra casuale che poco dopo, nel settembre 1869, il giovane don Sichirollo, affiancandosi a mons. Giuseppe Beltrame che reggeva la parrocchia rodigina dei Ss.Francesco e Giustina. riunisse i suoi allievi in un sodalizio. Il Circolo Giovanile "S. Francesco d'Assisi": i due sacerdoti coglievano l'indicazione che veniva da Bologna dove nel giugno 1867 Mario Fani e Giovanni Acquaderni avevano lanciato l'appello ai giovani cattolici per costituire la Società della Gioventù Cattolica Italiana (SGCI). che fu effettivamente costituita nel gennaio 1868 e approvata dal papa Pio IX il 2 maggio di quello stesso anno. Il 4 marzo 1870 il Circolo "S. Francesco" di Rovigo. il primo istituito nella diocesi, veniva aggregato alla SGCI, risultando il 15° d'Italia. Dopo che i bersaglieri italiani entrarono in Roma per la breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870 il Circolo "S. Francesco" non mancherà di esprimere la propria fedeltà a Pio IX. Anche più avanti, nel 1883, Sichirollo fu attento alla situazioni dei "suoi" giovani: ormai molti frequentavano l'Università a Padova, e allora li fece aggregare a studenti padovani e fece nascere l'Associazione Cattolica Universitaria "S. Tommaso d'Aquino", approvata dal vescovo di quella diocesi, mons. Giuseppe Callegari, e per la quale redasse lo statuto. Se non proprio la prima - come taluno avrebbe affermato - questa di Padova fu certamente una delle prime associazioni universitarie cattoliche: da esse nel 1896 nascerà la Federazione degli Universitari Cattolici Italiani (Fuci). Malgrado l'attenzione alla realtà sociale e specialmente giovanile. non sembra che Sichirollo si lasci molto coinvolgere da quanto si va elaborando all'interno della SGCI: non partecipa al Congresso di Venezia del 1874, né manifesta opinioni sulla fondazione dell'Opera dei Congressi nel 1875. Silvio Tramontin sottolinea che non sono note le ragioni di tale distacco. ma ritiene di poterlo attribuire anche all'atteggiamento rigidamente "intransigente" assunto dalla nuova organizzazione che nel Veneto era guidata da Giovanni Battista Paganuzzi, mentre Sichirollo «era di animo aperto e conciliante quando non venissero messe in discussione le verità della fede». Comunque la situazione sociale e culturale del Polesine fa registrare un sostanziale disinteresse della popolazione nei confronti della religione, e il senso di frustrazione del clero che non riesce ad incidere sulla mentalità della gente: sopravvivono alcune organizzazioni devozionali, ma le nuove proposte rimangono lettera morta, sebbene i vescovi premano perché anche in diocesi di Adria si istituiscano le opere previste dall'organizzazione dei laici cattolici. Per altro, va segnalato che anche la preparazione del clero risultava insufficiente rispetto alle esigenze del momento storico: basti dire che l'alluvione dell'Adige del 1882 fu presentata dal vescovo diocesano come «una punizione divina in risposta alle inondazioni dei peccati». Il peso delle condizioni di vita della gran parte della popolazione rurale polesana esplode nel 1884, quando nei campi scoppia lo sciopero al grido de "La boje!". Sichirollo si rende conto che la Chiesa deve affrontare una realtà alla quale è impreparata, e nel 1882 istituisce' in Seminario la cattedra di Economia Sociale e di Agricoltura; e quando, nel settembre 1891, al Congresso cattolico di Vicenza il veneziano don Luigi Ce rutti propone l'istituzione delle Casse Rurali. Sichirollo è pronto a sostenere l'iniziativa anche per il Polesine: la prima di queste banche particolari in diocesi di Adria sorge a Molinella di Lendinara nel giugno 1893; tre anni dopo le Casse saranno 39. alla fine del secolo 42. Nel 1895 si costituì a Lendinara la Federazione Diocesana delle Casse Rurali che l'anno successivo ebbe la sede trasferita a Rovigo con la nomina di mons. Sichirollo a presidente onorario; nel 1901 nacque la Banca Cattolica del Polesine per dare maggior forza alle Casse Rurali, e Sichirollo entrò a far parte del collegio dei probiviri. L'impegno di Sichirollo nel campo sociale ebbe modo di rafforzarsi con la conoscenza - che diventò presto fraterna amicizia - di Giuseppe Toniolo. Il sociologo di Treviso aveva avuto modo di apprezzare il sacerdote polesano quando lesse il Compendio della storia d'Italia nel Medioevo che Sichirollo aveva pubblicato a Padova nel 1886, e ne stilò una recensione lusinghiera. I due si conobbero personalmente nel vescovado di Padova alla fine del 1889, quando, presente il vescovo mons. Callegari, vi convennero illustri studiosi per dar vita all'Unione Cattolica per gli Studii Sociali. Il problema che si intendeva affrontare era costituito dall'interpretazione positivista della realtà sociale, che, fra l'altro, negava la possibilità del libero arbitrio dell'essere umano. Su questo tèma Sichirollo fornirà una memoria al Congresso di quell'Unione, che si tenne a Genova nel 1892, intitolandola Il positivismo e la Scolastica nella teoria del libero arbitrio. Gli studi sociali trovarono, nel mondo cattolico, un forte impulso dalla pubblicazione dell'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII (15 maggio 1891); questo papa già dieci anni prima, con l'enciclica "Diuturnum illud' aveva ammesso che anche nella Chiesa si potesse parlare di "democrazia" avvertendo, però, che doveva essere intesa non come governo di popolo ma solo come sollecita attenzione della Chiesa nei confronti dei ceti sociali meno provveduti. La prudenza si rendeva necessaria in considerazione sia della realtà sociale e culturale della popolazione, sia della possibilità che anche nell'ambito della Chiesa si manifestassero inopportune "fughe in avanti". Ma nel Congresso cattolico di Milano del 1897 cominciò ad emergere la posizione di don Romolo Murri, che vedeva l'urgenza di un impegno del mondo cattolico anche in campo politico (mentre era ancora in vigore il "non expedit, il "non conviene", dichiarato fin dal 1868 dalla Sacra Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari circa questo aspetto della questione sui rapporti Stato-Chiesa). La posizione di don Murri fu duramente combattuta dagli "intransigenti", creando un conflitto duro che si protrasse per alcuni anni, fino a che Pio X, nel 1905, soppresse l'Opera dei Congressi per trasformare l'organizzazione dei cattolici nella società italiana in tre "Unioni" specializzate rispettivamente nell'apostolato, nell'appoggio alla presenza dei cattolici negli enti locali, e nelle questioni economicosociali. Sichirollo comprendeva che l'atteggiamento di don Murri aveva motivi per affascinare i giovani: per questo vegliò attentamente affinché i giovani assumessero un atteggiamento criticamente responsabile di fronte a certe sollecitazioni che potevano risultare generose ma anche, al momento, inopportune. Appunto negli anni di passaggio fra i due secoli Sichirollo tenne conferenze - presto pubblicate - sul concetto cristiano che allora di doveva avere della democrazia, e sul significato della "Rerum Novarum". Comunque, per sostenere la presenza dei cattolici nel dibattito sociale del tempo, Sichirollo fu uno dei promotori della fondazione di un settimanale specifico della diocesi di Adria, "La Settimana", che cominciò ad uscire il6 gennaio 1901, ed al quale collaborò a lungo. Pochi giorni dopo, il 18 gennaio 1901, Leone XIII pubblicava l'enciclica "Graves de communi re" con la quale autorizzava l'uso del termine "democrazia cristiana" purché «smesso ogni senso politico» non significhi altro che «una benefica azione cristiana a favore del popolo». Sulla scia di questa indicazione nel febbraio 1902 Sichirollo diede vita a Rovigo al "Circolo democratico cristiano di studi sociali", una scuola per preparare dirigenti laici in grado di far fronte alle esigenze della situazioni del tempo. Sorgevano in molte diocesi - all'interno dell'Opera dei Congressi come voleva il papa, ma suscitando molte resistenze da parte degli "intransigenti" - gruppi giovanili che assumevano il nome di "democrazia cristiana". Nell'aprile 1904 si tenne a Rovigo il primo Convegno regionale democratico cristiano del Veneto che fu guidato da due giovani allievi . di Sichirollo, Umberto Merlin e ltalico Corradino Cappellotto; vi parteciparono anche alcuni seguaci di don Murri, ma la presenza autorevole di Sichirollo poté impedire che si verificassero disordini. Tuttavia all'interno dell'Opera dei Congressi i conflitti fra "intransigenti" e "democratici cristiani" giunsero al punto che in luglio Pio X decise di far cessare l'Opera e sostituirla con le Unioni che venivano sottoposte, nelle diocesi, al diretto controllo dei vescovi. L'azione equilibratrice di Sichirollo si manifestò anc6ra nell'ottobre 1905, quando a Rovigo si tenne il terzo Convegno delle associazioni giovanili della diocesi: questo si svolse in piena serenità e si concluse con l'invio a Pio X di un ordine del giorno in cui si sottolineava l'errore di non accogliere le indicazioni che venivano dal papa; ordine del giorno a cui il pontefice rispose elogiando lo spirito delle associazioni giovanili della diocesi di Adria. L'impegno nel campo sociale portò Sichirollo, per coerenza, ad accettare (sebbene reduce da una malattia durata alcuni mesi che lo aveva fortemente indebolito) anche di candidarsi alle elezioni provinciali (il non expedit valeva 5010 per le elezioni politiche) nel 1900, inserendosi in una lista di "moderati", e venne eletto; venne rieletto nel 1902, ma poca fortuna ebbe invece nel 1903, nelle elezioni comunali, quando i liberali non consentirono l'alleanza con i "clericali", per cui dovette presentarsi in una lista di soli cattolici e, pur essendo il più votato della lista, raccolse appena 84 suffragi: ciò che ben esprime qual era la posizione dei cattolici nell'opinione pubblica rodigina. Nel 1907, però, verrà rieletto nell'Amministrazione provinciale. Il 18 maggio 1911 Giacomo Sichirollo morì nel Seminario di Rovigo, assistito dall'amico don Luigi Guanella.