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Quali cambiamenti nel ruolo della persone nel lavoro e nei sui rapporti con gli altri?

Il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica (MLAC) della Diocesi di Adria - Rovigo, dopo una lunga pausa a causa dell’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia e il mondo, nel mese di Maggio ha ripreso la sua attività formativa, a partire da un nuovo percorso di incontri sul momento storico che stiamo attraversando e le ricadute nel mondo civile e del lavoro.

Anche se da remoto, Venerdì 12 Giugno alle ore 21.00 si è tenuto un incontro promosso dal MLAC su un tema molto caro al movimento, che è diventato di grande attualità alla luce degli ultimi eventi: “L’uomo e il lavoro”.

L’incontro “meet”, allargato a tutti gli interessati al tema proposto e a cui hanno partecipato anche alcuni amici dell’Azione Cattolica di Loreo (Diocesi di Chioggia), ha richiesto una fase preparatoria di approfondimento, che è stata resa possibile grazie a un’apposita scheda, scaricabile dal sito internet www.acadriarovigo.it, contenente alcuni contributi per la riflessione personale, e una traccia arricchita da due video che sono stati realizzati per l’occasione da due ospiti d’eccezione.

Nel primo video, don Bruno Bignami, Direttore dell’Ufficio Nazionale della CEI per i problemi sociali e del lavoro, ha spiegato la necessità di affrontare tre temi per mettere veramente al centro del lavoro la persona. Bignami in pochi minuti ha affrontato la questione della sicurezza del lavoro, per poi concentrarsi sulle nuove tipologie contrattuali, come ad esempio i contratti di reciprocità, e sull’urgenza di un diverso riconoscimento salariale dei lavori essenziali che sono diventati rilevanti durante la pandemia, riportando alla ribalta la necessità e l’utilità sociale anche di lavori umili, come quello della consegna a domicilio di cibo e di generi di prima necessità a favore soprattutto di persone più deboli e sole.

Nel secondo contributo video, il prof. Giovanni Grandi, Docente di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Trieste, si è soffermato sull’esperienza condivisa da molti della mancata distinzione dei tempi formali e informali nel lavoro “da remoto” e sulla riscoperta dell’importanza degli spazi d’incontro colloquiali e amichevoli nella vita professionale di ciascuno.  Si tratta di luoghi non ufficiali e immateriali, che appartengono all’“architettura” di qualsiasi ambiente lavorativo e che diventano necessari nella costruzione di relazioni che impediscono di trasformare il lavoro in una mera questione di prestazione, perché sono occasioni per approfondire la conoscenza e la comprensione delle persone e per costruire rapporti di collaborazione e fiducia reciproca a vantaggio di tutte le professionalità.

Nella prima parte dell’incontro, tutti i partecipanti sono stati invitati a condividere le loro impressioni sui rapporti che si sono venuti a creare tra le persone nel loro ambiente di lavoro in questo tempo unico e particolare. Ancora una volta la centralità della persona è stata momentanea e apparente. A scuola, a fronte di molti approcci positivi con la didattica a distanza, alcuni studenti, soprattutto i più fragili, non hanno più partecipato alle lezioni online e alla vita scolastica in genere, in alcuni settori produttivi molti lavoratori hanno perso il lavoro oppure, a più riprese, tante parole sono state spese e tante sono rimaste inascoltate, con la conseguenza che i lavoratori si sono ritrovati senza strumenti concreti per lavorare serenamente e in modo produttivo anche da casa. In diversi casi, dopo una fase iniziale in cui si è tentata la collaborazione fattiva tra le persone, una volta superate le paure e le preoccupazioni per la salute di tutti, si sono riaffacciati gli individualismi e i personalismi: le madri di famiglia hanno vissuto momenti di difficoltà con i colleghi, quando si sono dovute assentare per accudire i figli, oppure molti lavoratori sono stati costretti dalle contingenze a imparare a usare strumenti tecnologici e processi innovativi avviati solo allo scopo di continuare a erogare prestazioni a tutti i costi.  La mancanza del contatto fisico, della prossimità ha reso difficile il percorso e la relazione con soggetti già fragili (es. studenti disabili, soggetti o famiglie disagiate) anche perché in alcuni casi gli strumenti informatici adottati sono stati un filtro, un ostacolo con i ragazzi e le famiglie.

 

Durante la serata sono emersi anche aspetti e risvolti positivi. Si è diffusa l’idea che è possibile lavorare in modo diverso e che in futuro saranno necessarie molte risorse umane ed economiche per trasformare il tele-lavoro sempre più in smart-working (lavoro intelligente) con lo scopo di conciliare i tempi della famiglia e del lavoro, i tempi formali e quelli informali, ma anche per migliorare la cura delle relazioni e degli interessi delle persone. La pandemia ha indotto tanti professionisti a recuperare anche un rapporto umano con i loro clienti o utenti, superando il dovere di erogare un servizio o una prestazione a favore dell’ascolto attento ed empatico della storia di vita di quanti si sono rivolti a loro. Nei settori più critici, in particolare quello agricolo ed artigiano dove la manodopera é più esposta alla precarietà del lavoro, alcuni operatori sindacali intervenuti all’incontro, hanno detto di aver lavorato più intensamente perché le pratiche che gestivano erano associate a nomi, a volti di lavoratori in particolari difficoltà. Infine, in modo abbastanza omogeneo, anche se in fasi diverse della pandemia i partecipanti hanno confidato di aver trascorso la chiusura forzata come possibilità per recuperare e intensificare le relazioni e gli appuntamenti della giornata da vivere finalmente con i propri famigliari, per riallacciare, anche a distanza, rapporti sospesi da tempo, e per assaporare con i propri cari le giornate di festa.

A conclusione dell’incontro, tutti hanno condiviso la necessità di riportare al centro della vita sociale e del lavoro l’uomo, in tutte le sue dimensioni, attraverso la costruzione di un dialogo assiduo e partecipato tra tutte le parti sociali. Per fare questo è evidente l’urgenza di ricostruire la collettività partendo dalla lettura della realtà, per indagare e conoscere in prima istanza le situazioni di fragilità, dentro e fuori il mondo del lavoro, per evitare il rischio di essere distratti e, così di tralasciare gli “invisibili” che oggi più che mai devono diventare visibili agli occhi di una comunità vitale e piena di speranza per il futuro.

L’equipe diocesana del MLAC

Pubblicato su La Settimana di Domenica 28 Luglio 2020

Data: 
Giovedì, 18 Giugno, 2020 - 23:22